martedì 29 maggio 2012

Giro d'Italia 2012, l'analisi di Parliamo di Ciclismo. Duggan nuovo campione nazionale USA

Il Giro d’Italia 2012 è giunto al termine. Sono già passati quasi 2 giorni dalla premiazione in Piazza Duomo ma le sensazioni, le emozioni e le imprese dei corridori restano ancora sulla nostra pelle. Ho preferito lasciar passare un po’ di tempo prima di scrivere di questo Giro perché a caldo l’influenza di un cambio di maglia proprio all’ultima tappa poteva condizionarmi.

Vado un po’ contro alle tante opinioni lette e sentite in questi giorni: a me, questo Giro, è piaciuto. Non è stato il più bello degli ultimi anni, questo è sicuro, però le sorprese e le imprese non sono mancate, come è sempre stato e sempre sarà nel futuro di questa splendida corsa.

Il tracciato è stato disegnato molto bene, tante tappe per i velocisti, qualcuna che poteva servire da trampolino ai corridori più coraggiosi e tante salite, tutte decisive, con tanti arrivi in salita (ricordo ancora l’aborto del Tour con l’ultima salita a decine di chilometri dal traguardo). Un mix perfetto per una corsa esplosiva eppure qualcosa è andato storto, ma che cosa?

Se in 21 tappe le uniche vittorie di campioni di prima grandezza sono quelle di Cavendish, con i bravissimi Joaquin Rodriguez e Goss (ma non li definirei fenomeni) a ruota, forse qualcosa che non è andato per il verso giusto c’è. Sono mancati i grandi campioni.

Basso, Scarponi, Pozzato, Ballan, Frank Schleck, non erano tantissimi alla partenza, è vero, però hanno toppato tutti. Al loro posto, abbiamo potuto godere delle imprese di (speriamo) futuri campioni come Rabottini, Guardini, Izagirre, De Gendt e molti altri che si sono messi in luce seppur senza vincere.

Lo Star Power serve eccome a una corsa per renderla prestigiosa e spettacolare, è verissimo, però il ciclismo sta cambiando molto velocemente, chi prima era un fenomeno si ritrova l’anno dopo come uno dei tanti mentre ci sono giovani di 20-22 anni che stravincono in lungo e in largo (qualcuno ha detto Sagan?). Il ciclismo è cambiato, bisogna accettarlo e saperlo gustare per quello che è, un grandissimo spettacolo tra atleti che danno il loro meglio, sempre.

La vittoria di Ryder Hesjedal va letta in quest’ottica: il canadese non è un fenomeno, non è mai stato neanche un vincente avendo conquistato pochissime vittorie in carriera (rimanendo a 0 anche al Giro), eppure si è ritrovato al posto giusto nel momento giusto, trovando avversari poco coraggiosi o senza energie proprio mentre stava passando uno dei momenti di forma migliori della sua carriera. Non ha rubato niente il corridore della Garmin Barracuda, anzi, è stato il migliore su tutti i terreni, andando come un treno a cronometro e cercando di vincere anche in salita, quando poteva stare comodamente a ruota degli altri. Una vittoria meritata, per il proprio coraggio e quello della squadra, eccezionale sia nella cronosquadre che nelle tappe di montagna, con un Vandevelde molto solido e il giovane Stetina a scuola di vittorie nei Grandi Giri. Forse è dispiaciuto un po’ anche a lui togliere il successo a Joaquin Rodriguez: lo spagnolo della Katusha ha cercato di dare spettacolo sin dalle prime tappe, ottenendo 2 vittorie parziali. Si è inventato uomo di classifica anche se rimane uno scattista, visto che ha sofferto le salite lunghe ed è riuscito a far male soltanto negli ultimi 2 chilometri delle tappe di montagna. La sua vittoria al Giro avrebbe ancor di più sottolineato la mancanza di campioni in forma per la vittoria finale.

La grande sorpresa della corsa è stata senza dubbio il podio di Thomas De Gendt. Il belga della Vacansoleil, nella penuria di azioni convinte e decisive di questo Giro, ha fatto la cosa più semplice di tutte: ha attaccato nel finale del Mortirolo, è stato aiutato da un compagno fino agli inizi dello Stelvio, poi ha proseguito da solo dando tutto. Con una sola azione, è arrivato 3°. Ha sfruttato anche il fatto di non essere marcato (errore di valutazione degli altri), ora dovrà provare a confermarsi nelle prossime gare a tappe, perché il talento c’è.

E passiamo alle due grandi delusioni della corsa rosa, i due che dovevano spartirsi tutte le tappe di montagna e il 1° e il 2° posto sul podio a Milano: Michele Scarponi e Ivan Basso.

Scarponi aveva una squadra con due stelline al suo fianco come Ulissi e Cunego (oltre al solido Niemec) eppure nessuno dei 3 ha aiutato il capitano in montagna, con Cunego sempre lanciato in fuga per cercare la vittoria parziale o (forse) di vincere lui il Giro. Nella settimana finale non mi è sembrato molto brillante, ha provato un attacco solo nel finale dello Stelvio quando ormai i giochi erano fatti. Ai miei occhi sembra sempre un capolavoro incompiuto, un uomo che ti può assicurare il risultato ma che non ha quello spunto che gli consenta di vincere.

Basso ha deluso molto. A parole sembrava dover spaccare il mondo ma ormai è un corridore in involuzione, non ha un cambio di passo che gli consente di staccare gli avversari, avrebbe bisogno di tante salite e di essere in forma eccezionale per vincere ma probabilmente troverebbe qualcuno più giovane e forte di lui. Ha avuto dalla sua parte una squadra incredibile che ha tirato per tutto il Giro, con una menzione speciale per i 3 alfieri italiani, Capecchi, Caruso e Agnoli. Ora si concentrerà sul Tour dove andrà ad aiutare Nibali, poi ha promesso di riprovarci per almeno un paio d’anni. Può diventare fondamentale per i giovani che adesso sono suoi gregari, aiutandoli a diventare uomini in grado di fare alta classifica.

Il Team Sky ha piazzato al 7° e al 9° posto due giovani virgulti colombiani, Uran ed Henao. Purtroppo, hanno deciso di copiare gli altri standosene a ruota senza attaccare mai ma in salita possono diventare devastanti unendo una discreta capacità a cronometro che può renderli uomini non solo da montagna ma anche da classifica generale.

8° posto per Domenico Pozzovivo, al suo risultato migliore al Giro. Sembra un po’ tardi per vederlo sbocciare e l’opzione di cambiare squadra diventando uno dei tanti in una squadra come l’Astana potrebbe essere vantaggiosa per lui, dandogli la possibilità di correre a livelli più alti per tutto l’anno senza il peso della squadra sulle spalle. La Colnago ha dimostrato la sua propensione alla fuga mettendo in mostra talenti già noti come Pirazzi e nuove promesse come Brambilla che ha ottenuto un piazzamento nei 15 al suo primo Giro provando anche qualche attacco (seppur velleitario).

Non hanno convinto Nieve dell’Euskaltel e Gadret dell’AG2R che dovevano infiammare la corsa in salita e che non hanno ottenuto nessun risultato di spessore, a parte un 3° posto sullo Stelvio per Nieve a quasi 3 minuti da De Gendt. Per un Nieve che non ha convinto del tutto, l'Euskaltel ha trovato un Jon Izagirre Insausti in gran spolvero, vincitore di una tappa e talento sul quale investire molto, sia sulle corse di un giorno che sulle corse a tappe.

Scorrendo verso il basso la classifica si nota il 12° posto di Dario Cataldo, chiamato alla prova decisiva per il suo futuro da corridore di corse a tappe che, purtroppo, sembra fallita, visto che un piazzamento del genere non è incoraggiante. 15° è Kreuziger, il grande sconfitto del Giro perché aveva una grande squadra al suo fianco (Tiralongo ha sognato per qualche tappa il podio, poi si è ricordato di essere un gregario, ma ha comunque vinto una bellissima tappa) e ambizioni da vittoria. Il ceco è ancora giovane ma deve capire come mai ha queste battute a vuoto e se sono superabili. Il fisico c'è, la classe anche, la volontà soprattutto visto che la tappa alpina dopo la cotta Kreuziger l'ha vinta, deve trovare continuità.

In ambito volate, gli unici considerabili promossi sono il campione del mondo Mark Cavendish, semplicemente imbattibile (o quasi), Matthew Goss che ha raggiunto l'obiettivo minimo di una tappa vinta, Andrea Guardini e Roberto Ferrari, eccezionali nel vincere volate battendo il più velocista più forte del mondo e Ventoso, velocista perfetto per finali nervosi. Un commento in più per Guardini che ha dimostrato di avere uno spunto veloce impareggiabile, deve soltanto migliorare la tenuta in salita e la capacità di correre in gruppo nei finali, dopodiché sarà un'arma molto temibile per la sua squadra.

Delusione da parte di Farrar e Hushovd che confermano la loro involuzione nelle volate anche se ci provano sempre, soprattutto l'americano. Non pervenuto, se non per qualche caduta, il duo Rabobank Bos - Renshaw che doveva contrastare il dominio Sky ma che è rimasto schiacciato dal team britannico. Male Modolo e Belletti, soltanto ombre rispetto all'anno scorso, mai nelle prime posizioni, mai vicini a un piazzamento. Male anche Francesco Chicchi, chiamato a confermare i progressi della prima parte di stagione ma forse arrivato troppo scarico. Solo qualche piazzamento per lui, ci si aspettava molto di più. Ha deluso anche l'astro nascente Demare: il francesino è giustificato dall'età e al suo primo giro al primo anno da prof ci sta non capirci molto. Lo rivedremo tra qualche anno, sicuramente, tra i protagonisti assoluti.

Segnali positivi sono arrivati dai giovanissimi Giacomo Nizzolo ed Elia Favilli. Il secondo l'abbiamo già conosciuto nelle classiche del nord e si è riconfermato anche al Giro mentre il primo ha dimostrato grande caparbietà, buttandosi nelle volate e ottenendo buoni risultati nelle cronometro, dopotutto è stato il grande avversario di Guardini da Under.

E in questa carrellata di sensazioni e di giudizi come non citare chi ha reso interessante e vivace questa corsa partendo dalla maglia azzura, da Matteo Rabottini, corridore talmente tenace da non cedere dopo una lunghissima fuga al ritorno di un certo Rodriguez andando a vincere la tappa in volata. Il suo futuro è radioso e i margini di miglioramento sono notevoli. Come ogni anno, l'Androni si è lanciata spesso all'attacco con i suoi uomini, ottenendo il successo con Rubiano e sfiorandolo più volte con De Marchi, mentre Felline non è riuscito a mostrare in pieno il suo talento, penalizzato anche dall'andamento della corsa che non ha premiato chi aspettava gli ultimi chilometri per scattare nelle tappe mosse. Appena sono arrivate le salite, sono cambiati gli interpreti con Serpa, Sella e Jackson Rodriguez all'attacco insieme all'onnipresente De Marchi.

Tra gli altri, mi sono piaciuti molto Herrada e Intxausti della Movistar, corridori ancora molto giovani e con possibilità concrete di far classifica negli anni a venire, e il compagno Amador, attaccante nato con discrete doti sia in salita che nello spunto veloce, molto tifato sulle strade italiane dopo la vittoria a Cervinia.

Un plauso particolare ad Adriano Malori, unica maglia rosa italiana del Giro, a Manuele Boaro, che ha dimostrato di essere qualcosa di più che un cronoman puntando magari alle classiche, a Marco Pinotti, semplicemente straordinario nell'ultima cronometro dove è riuscito a battere corridori ben più giovani di lui, e a Taylor Phinney, talento e grinta da vendere, sfortunatissimo nelle prime tappe dopo aver vestito la maglia rosa ma esemplare nel concludere la corsa.

Frank Schleck, José Rujano, Filippo Pozzato, Alessandro Ballan, Giovanni Visconti e in parte Oscar Gatto: hanno corso il Giro? La delusione più grande arriva da Schleck, arrivato quasi per caso al Giro e uscito di scena per una non meglio specificata slogatura alla spalla. Il mio pensiero è che non avesse tanta voglia di correrlo questo Giro e al primo problema ha mollato, ricongiungendosi subito al fratellino per pianificare una nuova sconfitta al Tour de France. Rujano ha fatto imbestialire anche Gianni Savio per il suo scarso impegno. Ha provato un paio di scatti poco convinti finché si è ritirato per la febbre. Non una grave perdita. Pozzato, Ballan, Visconti e Gatto sono il simbolo di quello che non è successo nelle tappe un po' mosse. Hanno dimostrato ancora una volta di avere la sindrome del vorrei ma non posso, del mi manca sempre qualcosa per vincere. Hanno osato poco (Visconti e Gatto) o nulla (Pozzato e Ballan) e sono usciti dal Giro decisamente senza lode. Puntiamo su di voi per le corse di un giorno e infatti ne vinciamo poche, pochissime.


Tirando le somme, abbiamo visto un Giro combattuto, non dai protagonisti previsti ma da molti outsider. Lo spettacolo non è mancato e le sorprese (soprattutto) neanche. Per il Giro 2013, mi piacerebbe rivedere qualche campione in più alla partenza sperando che possano darsi battaglia lungo le strade d'Italia, inseguendo il sogno di una maglia rosa da vincere. L'ha detto oggi Cavendish in una dichiarazione, il Tour è a suo modo difficile ma il Giro è davvero tremendo.


RISULTATI DEL 28 MAGGIO


Campionato Nazionale In Linea - USA: Timothy Duggan è il nuovo campione nazionale in linea degli Stati Uniti. Il corridore della Liquigas, al primo successo in carriera, ha attaccato il gruppo dei migliori formatosi al termine della Paris Mountain e comprendente Van Garderen, Danielson, Ben Jacques-Maynes e il campione uscente Busche. Il gruppetto inseguitore non è riuscito a organizzare l'inseguimento ed è stato ripreso mentre Duggan si involava verso la vittoria. Alle spalle del corridore della Liquigas si sono piazzati Frank Pipp (Bissell Pro Cycling) e Kiel Reijnen (Team Type 1).

Tour de Gironde - Francia: Successo finale per l'olandese Nick Van der Lijke. Il corridore della Rabobank CT, in testa alla classifica sin dalla 1° tappa grazie a una fuga, ha vinto davanti al compagno di squadra Daan Oliver e al francese Fabien Fraissignes (GSC Blagnac). 4° posto per Reinardt Janse Van Rensburg (MTN), mattatore negli ultimi 2 mesi delle corse di secondo piano al Nord. L'ultima tappa è stata vinta in volata dall'olandese Geert Van der Weijst (Jo Piels) davanti a Silvan Dillier (EKZ) e Janse Van Rensburg (MTN).